Il trattamento degli attacchi di panico
“E’ successo all’improvviso… ero al ristorante con amici ed ho cominciato a sentirmi male…mi mancava l’aria, non riuscivo a respirare, mi sono alzato, sono uscito dal locale ma stavo sempre peggio… avevo il formicolio alle mani, le gambe che sembravano non reggermi e non riuscivo a sentire nulla di quello che mi dicevano le persone attorno… credevo di morire…è stata la sensazione più brutta che abbia mai provato e da quella sera vivo con il terrore che mi ricapiti…”
Le descrizioni degli attacchi di panico che le persone portano sono sempre più o meno simili a questa: per le persone si tratta di un evento improvviso, incontrollabile che spesso porta con sè il timore di morire o di impazzire e la forte preoccupazione che possa ricapitare. Un significativo numero di accessi al pronto soccorso è legato proprio ad attacchi di panico scambiati per principi di infarto.
Il DSM-5, il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, descrive un attacco di panico come un periodo preciso di paura e disagio intensi, che si sviluppa rapidamente ed ha il picco nell’arco di 10 minuti, in cui sono presenti quattro o più dei seguenti sintomi:
- palpitazioni, cardiopalmo, tachicardia
- sudorazione
- tremori fini o grandi scosse
- fatica a respirare o sensazione di soffocamento
- sensazione di asfissia
- dolore o fastidio al petto
- nausea o disturbi addominali
- sensazioni di sbandamento, di instabilità, di testa leggera o di svenimento
- derealizzazione (sensazione di irrealtà) o depersonalizzazione ( sensazione di essere distaccati da sè stessi)
- paura di perdere il controllo o di impazzire
- paura di morire
- sensazioni di torpore o formicolii
- brividi o vampate di calore.
A livello mondiale, l’attacco di panico sembra presentarsi almeno una volta nel corso della propria vita su 1 persona ogni 75.
L’attacco di panico viene considerato come un sintomo egodistonico, ovvero percepito al di fuori di sè e del proprio controllo.
Il primo passo nel trattamento degli attacchi di panico è quello di cercare di connettere il sintomo alle situazioni che lo generano.
La prima parte del percorso psicologico con una persona che presenta attacchi di panico è quindi volta ad indagare la storia del problema e le circostanze in cui si è manifestato.
Spesso mi avvalgo dello strumento del Diario di Bordo, un quadernetto dove chiedo alla persona di annotare i diversi episodi di attacco di panico, specificando i contesti di insorgenza, cosa era capitato prima, cosa succede dopo e chi eventualmente si è preoccupato di più fra le persone che le stanno attorno.
Dopo questa prima fase, invito la persona a riflettere su quali potrebbero essere i vantaggi di avere questo sintomo e perchè potrebbe essere utile per lei avere un attacco di panico.
Il secondo passo consiste nell’attribuire un senso all’attacco di panico, in funzione della storia personale, familiare e relazionale portata dalla persona.
In questa fase condivido con il cliente una possibile ipotesi sull’insorgenza degli attacchi di panico in questo specifico periodo della propria vita. Spesso le persone che incontro arrivano con già in mente una possibile motivazione per la comparsa di questo disturbo. Tuttavia, l’essersi dati una spiegazione non permette al sintomo di scomparire. Il mio lavoro consiste nel cercare di proporre un’ulteriore ipotesi, nuova, plausibile e condivisibile dal cliente, che possa favorire un’attribuzione di senso non solo alla comparsa, ma anche al mantenimento del sintomo.
Il terzo passo consiste in un lavoro sull’automaticità ed incontrollabilità dell’attacco di panico. In questa fase trovo particolarmente utile dare alle persone delle strategie che permettano loro di ridurre la percezione di non controllo dell’attacco di panico.
A seconda della persona possono rivelarsi utili:
- tecniche di rilassamento, come, ad esempio, l’esercizio del Posto Sicuro, il Rilassamento Muscolare Progressivo di Jacobson, la pratica dello Yoga;
- tecniche comportamentali, come, ad esempio, respirare in un sacchetto di carta o eseguire particolari movimenti nel momento in cui si sente che sta per arrivare un attacco di panico;
- l’EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing), una tecnica di elaborazione di esperienze traumatiche e/o fonte di particolare disagio attraverso una stimolazione alternata dei due emisferi cerebrali con particolari movimenti oculari o sensazioni tattili;
- l’utilizzo di psicofarmaci.
Stai vivendo una situazione simile? Conosci qualcuno che soffre di attacchi di panico e vuoi saperne di più?
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Psicologa Psicoterapeta Padova
Studio di Psicologia e Psicoterapia a Padova
Psicologa Psicoterapeuta Padova