Infertilità maschile: come affrontarla?
Infertilità maschile: come affrontarla?
L’infertilità maschile è una problematica sempre più diffusa. Secondo l’Istituto Superiore della Sanità circa il 35% delle difficoltà riproduttive sono attribuibili ad un’infertilità maschile.
Nell’ambito del percorso di ricerca di un figlio, la donna è generalmente la persona più coinvolta dal punto di vista fisico. L’unico compito dell’uomo pare essere quello di produrre degli spermatozoi sufficientemente sani e mobili per poter fecondare l’ovulo. Ma quando questo non avviene come può sentirsi l’uomo? Che significato può assumere per un uomo una diagnosi di infertilità maschile?
Spesso gli uomini si trovano a vivere situazioni di malessere e disagio che faticano a manifestare, ritrovandosi ad esempio a piangere di nascosto nella propria automobile di ritorno da lavoro.
Sin dal principio gli accertamenti per l’infertilità maschile possono essere fonte di disagio.
La prima visita a cui solitamente un uomo si deve sottoporre per gli accertamenti medici sulla propria fertilità è lo spermiogramma: un esame che richiede la pratica della masturbazione in laboratorio per l’analisi dello sperma. Questo esame viene considerato una sorta di pratica “antisessuale”: un momento che dovrebbe essere di piacere è infatti finalizzato alla raccolta del proprio liquido organico che deve essere consegnato ai tecnici di laboratorio.
Spesso questa procedura viene vissuta con vergogna e con una sorta di mortificazione del proprio corpo al punto che non di rado molti uomini non riescono a produrre sperma in questo modo.
In questi momenti possono insorgere delle difficoltà sessuali maschili come impotenza, disfunzioni erettili, mancata eiaculazione o eiaculazione precoce. Inoltre, la sessualità programmata e finalizzata al concepimento tende a privare di piacere e spontaneità un momento che normalmente si caratterizza proprio per questi due aspetti.
L’uomo può vivere con costrizione il “potere” assunto dall’ovulazione femminile e quindi la ricerca di rapporti sessuali mirati.
La percezione maschile può essere quella di essere considerato solo come “macchina riproduttiva” e può emergere la paura che con l’inizio della gravidanza o comunque con la nascita del bambino venga meno la sua funzione all’interno della coppia con l’idea di “non servire più a nulla”. Le emozioni vissute possono essere quelle di frustrazione, ansia, depressione, sensazione di perdita di virilità.
Essendo la sessualità una parte fondamentale della vita di coppia ed essendo entrambi i partner coinvolti nella ricerca di un figlio è importante che rimanga aperto un canale di comunicazione che permetta ad entrambi di condividere con l’altro i propri vissuti, i propri pensieri e le proprie emozioni.
Spesso per “cercare di non pensare al problema” questo non viene fatto. Si cerca di portare avanti la propria vita quotidiana facendo finta che non vi siano stati cambiamenti con il rischio di amplificare il proprio disagio e di indebolire la sintonia di coppia che in queste situazioni risulta una delle più importanti risorse per affrontare lo stress e le difficoltà.
Rivolgersi ad uno psicologo può essere un modo per ritrovare uno spazio-tempo dove poter esprimere le proprie sensazioni ed emozioni, comprendere il senso che essere possono avere all’interno di un percorso di ricerca di un figlio e riconoscere che il proprio compagno o la propria compagna possono avere un vissuto diverso dal proprio che non implica necessariamente l’essere meno coinvolti o il desiderare meno un figlio.
Stai vivendo una situazione di questo tipo? Vuoi avere maggiori informazioni? Pensi che potrebbe esserti utile un aiuto psicologico? Chiama il numero 3490560187 o scrivi a sara.lindaver@libero.it.
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Psicologa Psicoterapeuta
Studio di Psicologia e Psicoterapia
via G. Canestrini 67 bis Padova